Per il mese di giugno vorrei riproporvi queste parole che il nostro vescovo, papa Francesco, ha proposto alla Chiesa di Roma il 14 maggio 2018:

Cari fratelli e sorelle,

È un bene che questa situazione ci abbia stancato, è una grazia di Dio questa stanchezza: ci fa desiderare di uscire.

Come avrete capito, vi sto invitando a intraprendere un’altra tappa del cammino della Chiesa di Roma: in un certo senso un nuovo esodo, una nuova partenza, che rinnovi la nostra identità di popolo di Dio, senza rimpianti per ciò che dovremo lasciare.

Occorrerà, come dicevo, ascoltare il grido del popolo, come Mosè fu esortato a fare: sapendo così interpretare, alla luce della Parola di Dio, i fenomeni sociali e culturali nei quali siete immersi. Cioè imparando a discernere dove Lui è già presente, in forme molto ordinarie di santità e di comunione con Lui: incontrando e accompagnandovi sempre più con gente che già sta vivendo il Vangelo e l’amicizia con il Signore.

Gente che magari non fa catechismo, eppure ha saputo dare un senso di fede e di speranza alle esperienze elementari della vita; che ha già fatto diventare significato della sua esistenza il Signore, e proprio dentro quei problemi, quegli ambienti e quelle situazioni dalle quali la nostra pastorale ordinaria resta normalmente lontana.

E se la guida di una comunità cristiana è compito specifico del ministro ordinato, cioè del parroco, la cura pastorale è incardinata nel battesimo, fiorisce dalla fraternità e non è compito solo del parroco o dei sacerdoti, ma di tutti i battezzati. Questa cura diffusa e moltiplicata delle relazioni potrà innervare anche a Roma una rivoluzione della tenerezza, che sarà arricchita dalle sensibilità, dagli sguardi, delle storie di molti.

Tenendo questo come un primo compito pastorale, potremo essere lo strumento attraverso il quale sia sperimenteremo l’azione dello Spirito Santo tra di noi (cfr Rm 5,5), sia vedremo vite cambiare (cfr At 4,32-35). Come attraverso l’umanità di Mosè Dio intervenne per Israele, così l’umanità risanata e riconciliata dei cristiani può essere lo strumento (quasi il sacramento) di questa azione del Signore che vuole liberare il suo popolo da tutto ciò che lo fa non-popolo, con il suo carico di ingiustizia e di peccato che genera morte.

Ma bisogna guardare a questo popolo e non a noi stessi, lasciarci interpellare e scomodare. Questo produrrà certamente qualcosa di nuovo, di inedito e di voluto dal Signore.

Vi invito a leggere così anche alcune delle difficoltà e delle malattie che avete riscontrato nelle vostre comunità: come realtà che forse non sono più buone da mangiare, non possono più essere offerte per la fame di qualcuno. Il che non significa affatto che non possiamo produrre più niente, ma che dobbiamo innestare virgulti nuovi: innesti che daranno frutti nuovi. Coraggio e avanti. Il tempo è nostro. Avanti.

 

l’intero testo, veramente prezioso, lo trovate a questo link:

https://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2018/may/documents/papa-francesco_20180514_incontro-diocesi-diroma.html#DISCORSO_DEL_SANTO_PADRE_FRANCESCO